Sono italiano, ma non per tutti

Aram Kian con tutta la sua verve
Un La provincia lombarda degli anni ottanta mostrava un suo provinciale sospetto verso il diverso. Per lo più erano meridionali, ma nel caso di Aram c'era qualcosa di più. Padre iraniano e madre romana, per qualcuno il peggio del peggio. Da un lato la diffidenza, dall'altro, seppur minoritario, il fascino dell'esotico di fronte a un ragazzo che arriva da terre lontante.

Mi chiamo Aram e sono italiano” racconta in prima persona la storia di Aram Kian. Autore del testo e protagonista assoluto, coadiuvato dalla regia di Gabriele Vacis, Aram porta in scena se stesso, raccontando la storia di un italiano a tutti gli effetti. Nato in Italia da un genitore italiano (quindi cittadino della Repubblica a tutti gli effetti anche per la legge), cresciuto con una cultura scolastica e formativa del tutto occidentale, Aram non è stato percepito come italiano al 100% da tutti. Per alcuni restava una patina di grigio che partiva dal nome non proprio delle nostre parti, all'aspetto esteriore, al non essere accettato bene da tutti. Nello spettacolo trasuda il disagio del protagonista.

Kian, attore teatrale diplomato alla Scuola Paolo Grassi usa l'arte antica dell'ironia per ripercorrere una sua fase biografica che lo ha visto protagonista. Nato nei primi anni settanta, Aram è cresciuto negli anni ottanta in una provincia storicamente avara di parole, e non solo di quelle, ma dove si è sempre percepito un giudizio, o pregiudizio legato a una chiusura mentale che fa tutt'oggi fatica a schiarirsi.

Lo spettacolo scorre veloce per un'ora con un'enfasi dell'attore che sprigiona risate e riflessioni. Quella di Kian è una comicità più tipica del cabaret che della prosa, dove reminiscenze di infanzia e adolescenza fanno da cornice a una satira sociale su una società che per pigrizia culturale non ha voluto capire e in alcuni casi anche solo rispettare chi non è come la maggioranza di chi sta intorno. Dalle marachelle infantili, agli approcci con le ragazze Aram ripercorre la sua storia, che è anche la storia della provincia italiana.

C'è chi lo chiama arabo, non sapendo che l'Iran non ha nulla di arabo; c'è chi non si rassegna al fatto che un Aram Kian sia italiano; c'è chi comunque lo addita come diverso. E proprio sulle diversità fa leva Kian, ora al lavoro per un nuovo spettacolo che toccherà il tema dell'omofobia. Perché le diversità che in troppi faticano ad accettare sono molteplici.


Leonardo Marzorati

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