Il ritorno di De Chirico a Milano
A 50 anni di distanza, Palazzo Reale torna a
ospitare una personale su Giorgio De Chirico. Era il 1970 e De
Chirico, all'epoca ottantenne, arrivò di persona con i suoi capolavori nel
capoluogo lombardo. Oggi, fino al 19 gennaio 2020, tutte le sue più
celebri tele possono tornare ad essere ammirate in una decina di stanze
contigue.La mostra è eccezionale proprio perché riesce a riunire in un solo
posto i più importanti quadri del maestro della metafisica. Si parla di lavori
dal valore inestimabile, esposti tra musei e collezioni sparse per il mondo.
Il percorso tra le sale di Palazzo Reale inizia con i lavori
giovanili del pittore nato in Grecia. E proprio alla cultura ellenica fanno
riferimento molti dei suoi oli su tela. Abbiamo i centauri, divinità
dell'Olimpo e figure umane che hanno le fattezze dello stesso De Chirico o dei
suoi familiari, dalla madre al fratello e collega Alberto Savinio.
De Chirico ama la Grecia, dalla sua mitologia alla sua filosofia. De
Chirico porta all'evidenza un metamondo abitato dai pensieri dei filosofi. Sarà
un suo mito giovanile, il poeta francese Apollinaire, a definirlo “il pittore
più sorprendente della nuova generazione”. De Chirico conosce Apollinaire a
Parigi, dove si confronterà con gli stili pittorici che condizioneranno il suo
lavoro da lì in poi. Ma De Chirico ha in sé un'originalità intrinseca alla sua
storia personale. Alla Grecia natia si crogiolerà Ferrara, città rinascimentale
pianeggiante e silenziosa.
Nasce così la metafisica, corrente pittorica
che ha in De Chirico il suo padre e padrone. Dopo i maestri del Rinascimento
Ercole de' Roberti e Cosmé Turà, la città estense ospitò un altro genio. De
Chirico riporta in auge Ferrara grazie all'arte, come Giorgio Bassani lo fa con
la letteratura, dopo gli splendori di Ariosto e Tasso.
A Milano ci sono i più celebri quadri metafisici: “Pomeriggio
soave”, “Il saluto dell'amico lontano”. Il Castello degli Este, Palazzo dei
Diamanti, le grandi piazze ferraresi diventano nei quadri del maestro un set di
misteri e una costruzione quasi ossessiva d'interni. Impossibile non rimanere
affascinati dai suoi quadri metafisici.Nelle sale successive si passa dalle
prospettive irreali della vuota Ferrara a una figura che segnerà per sempre il
tratto di De Chirico: i manichini.
Con quadri come “Ettore e Andromaca”o “L'Archeologo”, il pittore realizza
delle figure ibride tra l'essere umano e dei robotici abitanti di un futuro e
di quel “non tempo” metafisico che si ammanta dell'aggettivo “inquietante”.
Sono proprio tre versioni de “Le Muse Inquietanti” a chiudere l'esposizione. Il
futuro remoto di epoche ancora sconosciute riprende la classicità antica: i
manichini sono i nuovi opliti e le nuove vestali, passati dai resti di Atene a
una misteriosa Ferrara.
Nelle ultime sale possiamo ammirare il cinismo canzonatorio di De
Chirico, pittore colmo di autoironia, tanto da sbeffeggiarsi con autoritratti
in abiti barocchi. Antica Grecia, fantascienza (in anticipo sulla grande
letteratura di genere) e barocco: il pittore italo-greco come una spugna
assorbe culture su culture. Ma è solo grazie al suo talento pittorico se oggi
lo celebriamo come uno dei più grandi artisti mondiali del Novecento. Una mezza
giornata a Palazzo Reale diviene quindi obbligatoria.
Leonardo Marzorati
A 50 anni di distanza, Palazzo Reale torna a
ospitare una personale su Giorgio De Chirico. Era il 1970 e De
Chirico, all'epoca ottantenne, arrivò di persona con i suoi capolavori nel
capoluogo lombardo. Oggi, fino al 19 gennaio 2020, tutte le sue più
celebri tele possono tornare ad essere ammirate in una decina di stanze
contigue.La mostra è eccezionale proprio perché riesce a riunire in un solo
posto i più importanti quadri del maestro della metafisica. Si parla di lavori
dal valore inestimabile, esposti tra musei e collezioni sparse per il mondo.
Il percorso tra le sale di Palazzo Reale inizia con i lavori
giovanili del pittore nato in Grecia. E proprio alla cultura ellenica fanno
riferimento molti dei suoi oli su tela. Abbiamo i centauri, divinità
dell'Olimpo e figure umane che hanno le fattezze dello stesso De Chirico o dei
suoi familiari, dalla madre al fratello e collega Alberto Savinio.
De Chirico ama la Grecia, dalla sua mitologia alla sua filosofia. De
Chirico porta all'evidenza un metamondo abitato dai pensieri dei filosofi. Sarà
un suo mito giovanile, il poeta francese Apollinaire, a definirlo “il pittore
più sorprendente della nuova generazione”. De Chirico conosce Apollinaire a
Parigi, dove si confronterà con gli stili pittorici che condizioneranno il suo
lavoro da lì in poi. Ma De Chirico ha in sé un'originalità intrinseca alla sua
storia personale. Alla Grecia natia si crogiolerà Ferrara, città rinascimentale
pianeggiante e silenziosa.
Nasce così la metafisica, corrente pittorica
che ha in De Chirico il suo padre e padrone. Dopo i maestri del Rinascimento
Ercole de' Roberti e Cosmé Turà, la città estense ospitò un altro genio. De
Chirico riporta in auge Ferrara grazie all'arte, come Giorgio Bassani lo fa con
la letteratura, dopo gli splendori di Ariosto e Tasso.
A Milano ci sono i più celebri quadri metafisici: “Pomeriggio
soave”, “Il saluto dell'amico lontano”. Il Castello degli Este, Palazzo dei
Diamanti, le grandi piazze ferraresi diventano nei quadri del maestro un set di
misteri e una costruzione quasi ossessiva d'interni. Impossibile non rimanere
affascinati dai suoi quadri metafisici.Nelle sale successive si passa dalle
prospettive irreali della vuota Ferrara a una figura che segnerà per sempre il
tratto di De Chirico: i manichini.
Con quadri come “Ettore e Andromaca”o “L'Archeologo”, il pittore realizza
delle figure ibride tra l'essere umano e dei robotici abitanti di un futuro e
di quel “non tempo” metafisico che si ammanta dell'aggettivo “inquietante”.
Sono proprio tre versioni de “Le Muse Inquietanti” a chiudere l'esposizione. Il
futuro remoto di epoche ancora sconosciute riprende la classicità antica: i
manichini sono i nuovi opliti e le nuove vestali, passati dai resti di Atene a
una misteriosa Ferrara.
Nelle ultime sale possiamo ammirare il cinismo canzonatorio di De
Chirico, pittore colmo di autoironia, tanto da sbeffeggiarsi con autoritratti
in abiti barocchi. Antica Grecia, fantascienza (in anticipo sulla grande
letteratura di genere) e barocco: il pittore italo-greco come una spugna
assorbe culture su culture. Ma è solo grazie al suo talento pittorico se oggi
lo celebriamo come uno dei più grandi artisti mondiali del Novecento. Una mezza
giornata a Palazzo Reale diviene quindi obbligatoria.
Leonardo Marzorati
Il più grande pittore italiano del novecento?
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