Francisco Goya e il suo rapporto con la ragione

Francisco José de Goya y Lucientes (1746-1828), per tutti Goya, nella sua lunga vita a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo vide cambiamenti politici e sociali che sconvolsero la società europea di allora. A Palazzo Reale a Milano, una mostra aperta fino al 3 marzo 2024 ripercorre la visione del mondo del pittore spagnolo, con tutte le sue certezze e i suoi dubbi.

Parliamo di uno dei più grandi artisti della storia mondiale. Come ha spiegato il direttore di Palazzo Reale Domenico Piraina, realizzare una mostra su Goya è impresa ardua, per la difficoltà nel reperire le sue opere. Milano, proprio con Palazzo Reale, ha il merito di aver portato i capolavori di Goya in Italia ben due volte negli ultimi quindici anni.

Il titolo della mostra “Goya. La ribellione della ragione” ci immerge nel confronto che il pittore ebbe con la società. Vide l'ancien régime subire i colpi ideologici della Rivoluzione Francese e poi quelli delle armi di Napoleone Bonaparte. Fu testimone con le sue tele dei cambiamenti dell'Europa tra il settecento e l'ottocento. Quello che è considerato uno dei primi pittori moderni, con i suoi oli su tela, arricchiti da un'innovativa tecnica espressiva, immortalò i molteplici aspetti della Spagna dell'epoca.

Siamo in un Paese cattolico e monarchico. Sono presenti ritratti di sacerdoti e del re Carlo IV, ma anche tradizionali quadri a tema religioso, uno dei quali fugge dalle tecniche dell'epoca per avvicinarsi a Francis Bacon. La religione può divenire persecuzione, come nel caso dell'Inquisizione, che prese di mira lo stesso pittore. Con il dipinto sul manicomio, Goya dà forma alle più ottuse pratiche che ebbero tra le loro vittime i malati mentali. I quadri di Palazzo Reale si schierano dalla parte degli ultimi e dei più semplici, come i bambini dipinti mentre giocano a fare i grandi, con la loro innocente malizia. Goya combatte l'ignoranza con la forza della ragione. Con lui ci sono i più grandi pensatori illuministi spagnoli, i cui ritratti arricchiscono le sale di Palazzo Reale.

Goya lavorò su committenza, ma fu uno dei primi artisti ad agire per conto suo, dipingendo quello che lo colpiva nell'animo. Potevano essere le corride, spettacolo a cui il popolo spagnolo accorreva in massa, come dei capricci realizzati con la tecnica dell'incisione. Goya fu un razionalista. Come ha spiegato il curatore della mostra Victor Nieto Alcaide: “Il razionalismo di Goya è ideologico ed egli lo proietta nelle sue opere utilizzando l'espressione come modalità che collega, da un lato, la critica sociale attraverso le tematiche e, dall'altro, la critica della pittura stessa, dissolvendo le forme convenzionali del bello”.

Il sonno della ragione genera mostri”. Goya però contestò anche l'eccesso di ragione, o meglio, la sicumera che in nome della ragione porta a distruzione e morte. È il caso degli eccessi della Rivoluzione Francese e delle guerre napoleoniche. Il suo Colosso mostra la follia della guerra. È un quadro quanto mai attuale. Nonostante alcuni storici dell'arte ne attribuiscano la paternità all'allievo Asensio Julià, per la maggioranza degli addetti ai lavori il dipinto è di Goya. Vediamo un popolo in fuga in preda alla disperazione, come tanti civili che cercano di mettersi in salvo dall'arrivo di un esercito straniero. Il cielo è cupo, è uno dei quadri scuri di Goya. Nel lugubre cielo emerge un colosso con i pugni chiusi in fare minaccioso. Si tratta di uno dei quadri più famosi della storia dell'arte, un'opera che da sola vale il prezzo del biglietto.

Questo longevo pittore ha raccontato i cambiamenti della società vivendoli in prima persona. Quello che oggi fanno scrittori e fotografi lui lo fece da pittore. Ammirando i quadri esposti a Palazzo Reale possiamo ragionare sulle bellezze e le bruttezze del mondo come fece lui più di duecento anni fa. 

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