Roy Lichtenstein al Mudec

La storia della pop art è al Mudec. Il Museo delle Culture di Milano ospita difatti la mostra "Roy Lichtenstein. Multiple Visions". Nelle sale della struttura di via Tortona sono esposti più di 100 lavori del grande artista statunitense scomparso nel 1997.

Con Lichtenstein possiamo ripercorrere un tratto della storia statunitense e quindi dell'intera società occidentale: quella che parte dalla fine degli anni cinquanta, in piena guerra fredda, e arriva agli enigmatici, e forse non ancora compresi a dovere, anni novanta. In quarant'anni di carriera Lichtenstein ha saputo analizzare da artista a tutto tondo la società di cui faceva parte.

I primi lavori dell'artista partono dalla lezione di Klee e Picasso, dove la cultura africana studiata dal pittore spagnolo ha forti punti di contatto con quella dei nativi americani, riletti in chiave pop da Lichtenstein.

Negli anni sessanta Lichtenstein si specializza nei fumetti, uno dei caratteri fondanti della nuova cultura americana del dopoguerra. La bidimensionalità dei comics diventa negli anni sessanta il suo carattere distintivo, con il puntinato tipografico elemento fondamentale delle sue litografie e serigrafie. Al pittore non interessa l'oggetto in sé o l'azione dipinta, ma la forma e l'impatto nella percezione dell'immagine.Quindi vengono alternati soggetti maschili di guerra o scazzottate (tipici dei fumetti bellici o dei supereroi) a soggetti femminili legati alle storie sentimentali.

La figura femminile è uno dei temi meglio analizzati nella mostra. Con i ritratti femminili di Lichtenstein ripercorriamo la storia dell'emancipazione femminile, che ha portato la casalinga delle pubblicità degli anni sessanta a divenire una donna autosufficiente ed emancipata, tanto orgogliosa da mettersi su un divano nuda a leggere un libro.

Un tema fondante della pop art è la poetica degli oggetti. Prediligendo i colori forti ed evitando le gradazioni tonali, il pittore di New York esalta il carattere percettivo di ogni oggetto ritratto. La sua opera è debitrice degli studi di cromo-dinamica dell'industrial design. Ci si imbatte in un nuovo modo di raffigurare nature morte, prodotti di uso quotidiano come un hot dog o degli interni di abitazioni. Un marchio di fabbrica, quello di Lichtenstein, rimasto nell'immaginario collettivo come simbolo di un'America divenuta negli ultimi sessant'anni il baricentro artistico mondiale.

Lungo il percorso troviamo xilografie, sculture e arazzi, con soggetti che spaziano dai paesaggi all'astrattismo. I paesaggi di Lichtenstein sono realizzati con il Rowlux, un tipo di plastica lenticolare che suggerisce un'idea di movimento all'osservatore che li guarda spostandosi. Per l'autore il Rowlux è il materiale che riesce a dare al meglio la rappresentazione del cielo e dell'acqua, due elementi in continuo movimento. 

La mostra del Mudec è imperdibile. Il curatore, non a caso, è Gianni Mercurio, tra i maggiori conoscitori, anche a livello personale, del grande artista newyorkese. I soggetti esposti sono bidimensionali, dato che Lichtenstein ha sempre riprodotto immagini prese dalla carta stampata, ma la disposizione tra le sale del Mudec riesce a conferire alla mostra una terza dimensione. Per capire di cosa si tratta, non resta che visitare "Roy Lichtenstein. Multiple Visions". C'è tempo fino all'8 settembre.

Leonardo Marzorati

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