La guerriglia artistica di Banksy a Milano
Non
si sa chi sia, ma i suoi lavori sono sulla bocca di tutti. Parliamo di Banksy,
il più ricercato tra i writer viventi. Esponente indiscusso della street art, fino
al 14 aprile 2019, sarà presente al Mudec di Milano. Non lui, di cui non si conosce
nemmeno il volto (qualcuno suggerisce il musicista dei Massive Attack Robert
Del Naja detto 3D), ma alcune delle sue più famose opere.
Dal
graffitismo di Basquiat e Haring, negli anni novanta del secolo scorso a Londra
esplode una nuova forma di arte da strada, non a caso chiamata anche “post-graffiti”.
Con una maschera normografica, lo stencil, si cominciano a riprodurre forme, simboli
o lettere in serie sui muri. Da Londra, il fenomeno si espande a tutto il Regno
Unito, per raggiungere il Continente e il mondo intero.
Tra
i tanti artisti, è colui che si firma Banksy a ottener maggior risalto, sia per
l’abilità artistica, sia per l’acume nel saper tratteggiare con l’utilizzo di
bombolette spay le diverse alienazioni della società. Al Mudec si possono
ripercorrere le diverse tappe del percorso artistico di Banksy.
Si
parte dalle sue fonti di ispirazioni, il graffitismo e gli slogan post ’68, per
arrivare ai suoi lavori, alcuni dei quali già nell’immaginario collettivo. Il
manifestante che lancia il mazzo di fiori al posto della molotov, i poliziotti
con lo “smile” al posto delle faccia, i pellerossa che assaltano i carrelli
della spesa. In Banksy c’è un’acre critica al capitalismo, al consumismo, al
razzismo e alla guerra. Non a caso si parla anche di guerrilla art.
Protagonisti
assoluti del suo messaggio sono i ratti, raffigurati nelle vesti più disparate,
da quelli borghesi in smoking a quelli con elementi disneyani. I ratti sono tra
gli animali più disprezzati, costretti a vivere nelle fogne. Facile vederci una
trasposizione del proletariato contemporaneo, quello che va dai migranti ai
giovani precari. I temi d’attualità sono al centro delle opere di Banksy,
pesantemente critico in primis verso le politiche del suo paese, il Regno
Unito.
Una
sala video ci mostra la carta mondiale dei lavori dell’artista. Si parte da
Londra per raggiungere la Palestina, gli Stati Uniti e in Italia Napoli. Dove c’è
segregazione c’è Banksy e i suoi graffiti sul muro che separa israeliani e
palestinesi aprono metaforicamente una linea di separazione, che, se non le
armi, la vernice può scalfire. Banksy è diventato merchandising, anche contro
le sue volontà.
Visitare
la sua mostra al Mudec deve far in primis riflettere sulle contraddizioni della
nostra società, dove il pupazzo di McDonalds e Topolino danno la mano alla
bimba vietnamita che fugge dal napalm. Un’immagine inquietante e al tempo
stesso conciliatoria. Perché anche tra le bombe si trova sempre qualcuno che ti
invita a consumare. Ammiriamo le opere di Banksy, ma non consumiamole.
Leonardo Marzorati
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