Trattare con la mafia?
Marco Travaglio |
Il direttore de Il Fatto
Quotidiano Marco Travaglio fa
bene il suo mestiere. Ha saputo fare le pulci all’ex vicepresidente del CSM
Nicola Mancino e all'ex capo dello stato Giorgio Napolitano. Mancino, indagato
per falsa testimonianza, aveva chiesto a Napolitano, allora Presidente della
Repubblica, di spostare il processo dalla procura di Palermo a una più
“morbida”. L’indagine su Mancino era scattata dopo che questi aveva cambiato versione
sulla trattativa Stato-Mafia nel terribile biennio ’92-’93, quando il
democristiano di lungo corso era ministro degli interni.
Al processo al Generale Mori, l’ex presidente del senato aveva
prima parlato di una trattativa tra i governi Amato e Ciampi e la mafia, per
poi ritrattare. Il pm di Palermo Antonio Ingroia aveva quindi fatto scattare
un’indagine su di lui.
Giorgio Napolitano |
Questi ha fatto diverse pressioni telefoniche al Quirinale e
Travaglio non si è fatto scrupoli a rendere note le chiamate e a trarne le sue
conclusioni. Travaglio è un cronista, ha fatto il suo lavoro. Napolitano e i
suoi servili scagnozzi del PD si sono dimostrati riottosi alla notizia. Certi
deputati, come bertucce ammaestrate, non hanno mai voluto accettare critiche o
scandali sull'allora presidente della repubblica. Napolitano, va detto, è stato
uno dei capi di stato più amati della storia della Repubblica, soprattutto nel
sud più conservatore. Questo napoletano dal passato comunista a molti ricorda
il saggio Pertini, ad altri il comprensivo Saragat. Resta comunque più amato al
centro-sud che al nord. In più, questa sua irritazione contro un giornale
coraggioso come Il Fatto a tanti non
è piaciuta. Anche il vecchio migliorista si è speso per venire incontro alle
esigenze di Mancino. Due cariatidi politiche dalle storie differenti, ma dalla
provenienza geografica simile (Mancino è avellinese), hanno cercato di far
valere la loro secolare caratura politica per scavalcare il corso della
giustizia con movenze da casta italiana. Travaglio si è inferocito. Il
giornalista torinese sa far le pulci impeccabilmente, per poi venire alle sue
conclusioni. Anche cronisti di sicuro più morbidi, come Alan Friedman nel suo
“Ammazziamo il Gattopardo”, ha mostrato aspre critiche all'abuso di potere del predecessore
di Mattarella.
Nicola Mancino |
Il succo della storia però darà ragione a Mancino e Napolitano:
con la mafia si deve trattare. Mancino è stato fesso a spaventarsi per
un’indagine ausiliaria. I potenti, da casta quale sono, al primo avviso di
garanzia subito piangono alla persecuzione. Berlusconi ha lanciato la moda, gli
altri si sono adeguati. Il campano Mancino non si è sottratto a questa regola e
Travaglio non ha potuto far altro che infilargli la penna nel deretano. Il
punto però è: la prima versione di Mancino è la più credibile? Sì, nel biennio
delle stragi molti politici pensarono di attuare una trattativa con Cosa
Nostra. Fecero bene. La pace, lo disse Yitzhak Rabin agli israeliani più
ottusi, si fa con i nemici e non con gli amici. Così fece Mancino. Nel momento
in cui la montagna di merda mafiosa ti fa saltare in aria magistrati coraggiosi
e palazzi in pieno centro, si deve purtroppo trattare. Come fecero gli
israeliani con i terroristi palestinesi o come fa adesso la comunità
internazionale con il satrapo siriano Assad. Ci si deve vergognare di avere
rapporti con la criminalità organizzata? Se è per indebolirla no. Abbiamo
mafiosi in ogni angolo d’istituzione. Piuttosto che parlare a vanvera con il
picciotto compagno di banco, meglio stringer loro la mano e vedere di far si
che facciano meno danni possibili. L’unica alternativa sarebbe il pugno di
ferro, vale a dire arresti indiscriminati e magari qualche bella esecuzione a
corollario. Si sa, siamo in democrazia e sotto il giogo dell’Unione Europea,
certe repressioni in stile sudamericano non possono essere ammesse dal nostro
diritto. Allora forse vale la pena trattare anche con la merda. Tanto le mani
già ci puzzano.
Leonardo Marzorati
L'articolo è interessante pragmatipo e senza inutili retoriche propagandistiche o polítically correct. Si rischia però di avallare a livello generale una politica in cui trattative segrete, servizi deviati ecc. vadano poi fuori controllo...
RispondiEliminaLe trattative segrete andrebbero rese pubbliche nel momento in cui la criticità è stata superata. In questo caso andrebbero bene dei patti segreti, se fatti al fine di migliorare la condizione della cittadinanza e indebolire la criminalità. Spesso in Italia le trattative segrete hanno avuto come fine l'interesse personale e non collettivo e questo ha favorito, e non contribuito a debellare, mafie, terrorismo, etc.
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